Il senso:


Nell’alpinismo la montagna prende un’altra dimensione, acquista altri valori. Entrano in scena la verticalità, il vuoto, l’altezza. Non più paesaggi dolci e lineari. Non più boschi e pascoli. Al loro posto cime e cenge, ghiacciai e creste, pareti di roccia dove lo sguardo si perde nel cielo. E’ l’incontro dell’uomo con qualcosa di più grande, il confronto dell’uomo con l’immenso.

Abbigliamento:


Nell’alpinismo in alta montagna una delle cose più importanti da non sottovalutare è l’abbigliamento ed è bene vestirsi a strati (la così detta “cipolla”) e con materiali tecnici, caldi e leggeri che permettono un buon movimento.

Il vantaggio  di vestirsi a “cipolla” cioè a strati è garantire una temperatura corporea costante ed avere una buona traspirazione per non sudare; il nostro corpo umano gestisce questo scambio di calore essenzialmente grazie all’apparato circolatorio periferico e attraverso l’evaporazione con il sudore. Per evitare inutili sudate o congelate occorre avere dei capi tecnici e specifici, in commercio esistono molte marche, tutte di ottima qualità che mantengono caldi e fanno traspirare io consiglio di prendere una taglia aderente per facilitare questo processo. Esistono tessuti con fibre naturali come il cotone, la lana, la seta sono tutte ottime per la temperatura e per l’assorbimento del sudore il contro è che fanno fatica ad asciugarsi e la sensazione del bagnato non è molto piacevole (sopratutto nel periodo invernale). In questi anni ha preso piede l’abbigliamento composto da tessuti sintetici, sono migliorati di molto anche nella traspirazione grazie alla struttura del tessuto (ad esempio i pile e micropile).

Importanti sono anche le giacche e i pantaloni, sono prodotti in svariati materiali quali la cordura o il gore-tex i quali sono resistenti alle abrasioni, mantengono la temperatura, sono antivento e molto altro ancora è importante però che una volta indossati permettano di muoversi bene e non farci soffrire.

I guanti servono innanzitutto per riparare dal freddo eventuali abrasioni, ne esistono di più o meno pesanti fatti a manopola e pollice, a manopola apribile e i classici con le 5 dita.

Da non dimenticare il cappello o passamontagna che ti salva le orecchie quando tira vento, occorrono anche degli occhiali da sole con delle buone lenti scure per riparare gli occhi dal riflesso della neve (compresa la crema solare).

Passiamo infine agli scarponi, per questo tipo di attività occorre valutare bene la scelta che a parte i colori e la marca devono essere innanzitutto comodi, robusti adatti al misto: roccia – neve – ghiaccio, con possibilità di indossare inoltre i ramponi semplici, semiautomatici o automatici e le ghette che servono per evitare che entri neve negli scarponi e nei pantaloni.

Equipaggiamento:


L’alpinismo è una disciplina che si basa sul superamento delle difficoltà incontrate durante la salita di una montagna. L’ascesa alpinistica può avvenire su roccia, neve, ghiaccio o percorsi misti, utilizzando anche tecniche di arrampicata su roccia o arrampicata su ghiaccio quindi bisogna avere un’attrezzatura tecnica individuale minima per ogni situazione che ci possa garantire di effettuare le nostre escursioni alpinistiche in totale sicurezza.

Oltre al normale equipaggiamento che utilizziamo normalmente nelle nostre attività escursionistiche bisognerà avere in dotazione dell’ulteriore materiane base individuale specifico per le attività alpinistiche che andremo ad affrontare:

  • casco omologato per alpinismo;
  • imbrago basso con cosciali regolabili;
  • scarponi da alpinismo ramponabili;
  • ramponi da alpinismo con anti-zoccolo;
  • piccozza da alpinismo con dragonne;
  • discensore (secchiello o piastrina GIGI);
  • 2 moschettoni a ghiera a base larga (HMS);
  • 2 moschettoni a ghiera a base stretta;
  • 1 cordino in kevlar per “prusik” lunghezza 1,2 m;
  • 1 cordino in kevlar o dynema lunghezza 1.5 m;
  • 1 cordino in kevlar o dynema lunghezza 3 m;
  • 1 cordino in kevlar o dynema lunghezza 3,5 m (per “nodo da ghiacciaio”);
  • 1 fettuccia cucita lunghezza 1,5 m e larghezza maggiore di 1 cm;
  • 1 spezzone di corda dinamica lunghezza 3,5 m per soste/longe e manovre.

Rischi e sicurezza:


L’alpinismo comporta spesso il raggiungimento di quote elevate. Qui le temperature rigide dovute all’altitudine fanno sì che l’ambiente sia molto simile a quello invernale anche d’estate, mentre le caratteristiche invernali sono ancor più accentuate nella stagione fredda. A questo si aggiunge una maggior variabilità atmosferica e la presenza dei disturbi fisiologici dovuti all’alta quota.

L’alpinista in alta quota può andare incontro al mal di montagna (AMS) o alle sue forme più gravi, quali l’edema cerebrale da alta quota (HACE) o l’edema polmonare da alta quota (HAPE). Per evitare questi disturbi è necessario ricorrere all’acclimatamento. L’ambiente d’alta montagna può portare anche altre patologie d’alta quota.

La quota può essere classificata in base agli effetti fisiologici che si osservano sull’organismo umano:

  • 0-500 m, livello del mare (near sea level): i cambiamenti atmosferici sono impercettibili dall’uomo e non hanno alcun effetto sulla fisiologia umana.
  • 500-2000 m, bassa quota: i cambiamenti atmosferici sono avvertibili, ma non si rilevano notevoli svantaggi. Negli atleti d’élite si osserva una riduzione della prestazione al di sopra dei 1500 m.
  • 2000-3000 m, media quota: i cambiamenti ambientali diventano evidenti e si osserva la comparsa dei disturbi da altitudine dopo alcune ore di permanenza. La prestazione fisica si riduce progressivamente ma può essere ripristinata con l’acclimatamento.
  • 3000-5500 m, alta quota: un numero elevato di soggetti va incontro a disturbi da altitudine, anche gravi. La prestazione fisica è ridotta anche dopo una corretta acclimatazione.
  • >5500 m, quota estrema: a causa delle condizioni estreme e della comparsa di disturbi da alta quota, al di sopra dei 5500 metri non è possibile la presenza umana permanente.

Inoltre, i rischi della pratica dell’alpinismo includono quasi tutti i rischi tipici dell’escursionismo aggiungendo il pericolo principale in ambito alpinistico che è quello di caduta dal pendio o una parete. La caduta può essere causata da cause tecniche, imperizia dell’alpinista o da cause accidentali quali ad esempio smottamenti, slavine, fulmini, caduta di ghiaccio e rocce dall’alto. In assenza di dispositivi di sicurezza una caduta su terreno alpinistico ha spesso conseguenze letali.

Per ridurre il pericolo legato alle conseguenze di una caduta di norma due o più alpinisti si uniscono in una cordata, costituendo ciascuno l’assicurazione dell’altro, insieme agli altri elementi della catena di assicurazione, quali la sosta, il freno o i punti di ancoraggio. Nel caso di ancoraggio a corde e chiodi, fittoni o spit si introduce il concetto di fattore di caduta.

Per ovviare a pericoli oggettivi quali valanghe o caduta di sassi si utilizzano dotazioni di sicurezza, quali il dispositivo ARTVA o il Caschetto. I sistemi di sicurezza utilizzati in ambito alpinistico essendo di tipo passivo non possono comunque eliminare il pericolo, ma solo mitigare le conseguenze di un eventuale incidente.

Preparazione:


L’alpinismo si basa sul superamento delle difficoltà poste dall’ascensione. Queste possono essere legate agli ostacoli del terreno (pareti verticali, creste strette ecc.) o all’ambiente stesso (alta quota, variabilità atmosferica ecc.). Le difficoltà variano a seconda della stagione in cui si affronta la scalata e del tipo di ambiente che si decide di affrontare. A volte si rendono necessarie tecniche di arrampicata risalendo vie d’arrampicata, altre volte si sfruttano vie completamente attrezzate come le vie ferrate.

Perciò bisogna studiare bene l’ambiente che si dovrà affrontare, conoscere le tecniche che dovremmo utilizzare e mettere nello zaino l’attrezzatura che potrebbe servirci.

Le difficoltà poste dall’ambiente estivo in quote non elevate sono principalmente dovute al superamento di ostacoli verticali (pareti) di roccia. Le tecniche applicate per il superamento di queste difficoltà sono quelle proprie dell’arrampicata, libera o artificiale. In particolare si va da tecniche di avanzamento in cordata, costituendo ciascuno l’assicurazione dell’altro, all’uso della catena di assicurazione, della sosta, del freno o dei punti di ancoraggio.

In ambiente invernale le basse temperature e la presenza di neve e ghiaccio pone all’alpinista difficoltà diverse da quelle poste dall’ambiente estivo (spesso in ambiente invernale le nuove difficoltà si sommano a quelle tipiche dell’ambiente estivo). Per affrontare le temperature rigide si ricorre ad un apposito abbigliamento, mentre per le difficoltà tecniche (progressione su neve e arrampicata su ghiaccio) si rende necessario l’uso di appositi attrezzi, quali una o due piccozze, ramponi e chiodi da ghiaccio. Su terreno costituito da ghiaccio verticale si applicano le tecniche usate sulle cascate di ghiaccio. Alcuni percorsi permettono in tutto o in parte l’utilizzo di tecniche proprie dello sci alpinismo.

Inoltre, le ascensioni alpinistiche comprendono in genere una fase detta di “avvicinamento“, che comprende il percorso effettuato fino al primo punto in cui si incontrano difficoltà alpinistiche. Il percorso dell’avvicinamento è quindi di tipo escursionistico, e segue la medesima scala di difficoltà utilizzate nell’escursionismo:

  • T = Turistico – Itinerari con percorsi evidenti, su stradine, mulattiere o comodi sentieri, generalmente sotto i 2000 metri. Richiedono una certa conoscenza dell’ambiente montano e una preparazione fisica alla camminata.
  • E = Escursionistico – Itinerari che si svolgono su sentiero o su tracce non sempre facili da reperire, o anche a quote più elevate. A volte esposti, su pendii erbosi o detritici, su tratti nevosi, con passaggi attrezzati non impegnativi, ecc. Richiedono senso dell’orientamento e conoscenza della montagna, oltre a calzature ed equipaggiamento adeguati.
  • EE = per Escursionisti Esperti – Itinerari che comportano singoli passaggi rocciosi di facile arrampicata, attraversamento di canali nevosi, tratti aerei ed esposti, passaggi su terreno infido, ecc. Richiedono equipaggiamento e preparazione adeguata, esperienza della montagna, passo sicuro e assenza di vertigini.

Il grado EE, considerato il limite dell’attività escursionistica, in alcuni casi tende a coincidere con il grado F della scala alpinistica, sebbene in genere le vie classificate come alpinistiche richiedano maggior impegno e dimestichezza nel muoversi su percorsi non segnati. Esistono tuttavia anche ascensioni a vette lungo percorsi o vie di salita giudicate con difficoltà escursionistiche e non alpinistiche, tipicamente su cime più modeste, spesso erbose senza o con ridotta presenza di roccia.

Scala delle difficoltà:


Tipicamente una montagna con le sue vette presenta uno o più percorsi o vie di salita ciascuna con diversi gradi di difficoltà: la via più semplice, tipicamente coincidente con quella della prima ascesa storica, viene spesso detta via normale, la via più diretta viene spesso detta direttissima, le altre vie prendono spesso il nome dall’orientamento rispetto ai punti cardinali (es. via ovest), dalla geomorfologia del terreno (es. via delle creste o sperone sud-est), altre ancora dal nome del primo alpinista o rocciatore che le ha aperte o semplicemente intitolate a qualcuno come nel caso di vie ferrate o vie di arrampicata. Nuove vie possono essere aperte da altri alpinisti o rocciatori. Tipicamente lungo le vie di salita è possibile trovare una o più strutture ricettive di montagna quali rifugi, casere, bivacchi e campi base.

Per sapere quale ascensione (via) può affrontare in base alle sue capacità tecniche e alla sua preparazione fisica, l’alpinista ha bisogno di conoscere la difficoltà della via stessa, al fine di non correre il pericolo di trovarsi su un terreno che non è in grado di superare senza poter tornare indietro. L’operazione di assegnare un grado a una via è detta quotare o gradare e viene effettuata dagli apritori e dai primi ripetitori della via. Data la difficoltà di classificare le vie per i soli dati oggettivi, le vie vengono gradate attraverso il confronto con vie note, di riferimento, per le quali c’è un largo consenso del loro grado di difficoltà. Tuttavia può capitare che subentrino dati soggettivi (ad esempio l’abilità dell’alpinista o l’abitudine a muoversi in un certo ambiente) e fattori oggettivi ma variabili (ad esempio le condizioni atmosferiche o l’innevamento).

La scala di difficoltà è di origine francese che descrive complessivamente i valori di lunghezza, difficoltà, esposizione della via. Il grado è espresso con le lettere:
  • F = Facile;
  • PD = Poco Difficile;
  • AD = Abbastanza Difficile;
  • D = Difficile;
  • TD = Molto Difficile;
  • ED = Estremamente Difficile;
  • EX = Eccezionalmente Difficile.
Nelle guide vengono generalmente fornite insieme al grado di difficoltà anche altre precisazioni come la lunghezza della via (dislivello), sviluppo (quando la via non presenta uno svolgimento lineare), continuità delle difficoltà, qualità della roccia o variabilità delle condizioni del terreno nel caso di “misto” (roccia e neve), stato della chiodatura, esposizione, possibilità di ritirata e quant’altro.

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