Tornati dal Cammino nulla è stato come prima, ognuno a suo modo è diventato qualcos’altro, ognuno ha fatto le sue promesse, ognuno ha ammesso i suoi errori, ognuno ha individuato una strada nuova o, quanto meno, una deviazione sul tragitto della propria esistenza.

Cosa è accaduto all’uomo?

E’ così magica l’atmosfera di quelle terre?

È la fede che ha rischiarato le menti?

È la sofferenza che ci h resi più umani?

Difficile a dirsi, ognuno ha il suo perché, ognuno la sua risposta, ognuno la sua verità .  Eccone una.

Semplicemente il cammino ci riappacifica con noi stessi, ci trascina lontano dalla martellante realtà quotidiana, dagli abitacoli delle macchine, dalle grigie stanze d’ufficio, dalle pareti affumicate delle cucine, dal lavoro obbligato per il risultato dovuto, dalla corsa al supermercato, dalle code alla posta, dal traffico al semaforo, dalle interminabili sedute al te, dalle stupide chiacchiere da bar, da tutti gli impegni necessari per condurre la vita così come è stata progettata da altri.

Stare sulla strada invece, con lo zaino che è tutto il tuo avere, con l’unica certezza della direzione da seguire, saldi sulle gambe, carichi di fiato, disposti al sacrificio, è tutt’altra cosa.

 

Alzarsi ogni mattino quando fuori è ancora buio ed uscire con il solo scopo di camminare, di mettere i passi uno in fila all’altro, senza sapere cosa accadrà durante la giornata, ti dona una libertà inimmaginata.

Hai tutto il tempo per riflettere, cantare, parlare, porti domande e ascoltare i compagni di viaggio o i semplici avventori.

E’ tutto un grande gioco meraviglioso: aprirsi alle persone e alle cose, imparare a conoscere gli altri e soprattutto se stessi; fermarsi a guardare un albero, respirare la nebbia fina del mattino o crogiolarsi al sole vigoroso del mezzogiorno; addormentarsi sotto una tettoia ed essere svegliati dal belato delle pecore che tornano dal pascolo, bere acqua dalle fontane o direttamente dai ruscelli, raccogliere frutta dagli alberi, comprare ortaggi da una vecchina con ancora le mani sporche di terra, entrare in una cantina fumante di mosto, salutare la gente seduta fuori casa, sorridere alle persone che incontri, sapendo già  che risponderanno.

E’ per questo che siamo stati creati, il nostro corpo, la nostra mente, la nostra anima, non hanno bisogno di insegnamenti; ogni persona conosce a perfezione le istruzioni per sopravvivere in queste condizioni; hanno dovuto insegnaci a guidare la macchina, ad usare il computer, a svolgere il nostro misero compitino nella catena di montaggio, a fare ogni altro tipo di operazione, dalla più banale a quella più complessa, con il solo fine di portare a termine il lavoro, quanto meglio possibile e quanto più in fretta possibile;ma come sopravvivere nel mondo naturale non può insegnacelo nessuno, è già dentro di noi, è una conoscenza innata ed è una scoperta formidabile capire di esserci portati.

Povero è l’uomo che dimentica in fretta e ritorna al suo posto nell’ingranaggio di una macchina cigolante, lanciata a tutta velocità verso il baratro del nulla in terra.