Il senso:


Per chi invece delle altezze preferisce le profondità della terra, il regno delle grotte è un mondo di rara bellezza, un luogo incantato e di grande magia, privilegio di pochi. Un mondo ancora sconosciuto e segreto dove l’esplorazione, la ricerca e gli studi scientifici hanno ancora infiniti orizzonti. Il Club Alpino Italiano vanta una lunga tradizione nella formazione e nell’aggiornamento anche in questo ambito, sia attraverso l’attività didattica sulle tecniche speleologiche, sia promuovendo incontri culturali su materie scientifiche applicate alla speleologia: carsismo, vulcanismo e meteorologia, tra le principali. Risponde così alle aspettative e soddisfa gli interessi degli appassionati di questo mondo incantato e affascinante.

Abbigliamento:


L’abbigliamento dello speleologo deve proteggere dal freddo e, per quanto possibile, dall’umidità; deve essere il più possibile semplice e privo di parti sporgenti, per evitare di incastrarsi sulla roccia nei tratti di progressione in strettoia.

Normalmente si utilizzano sottotute calde e leggere di pile e tute di nylon, in un sol pezzo, con chiusura mediante cerniera lampo, bottoni a pressione e/o velcro.
Il primo strato è costituito da una tuta in materiale termico sintetico tipo pile, fleece e simili (sottotuta); il secondo strato protettivo è costituito da una tuta in tessuto sintetico (di solito nylon + cordura), a volte parzialmente impermeabilizzato. Per grotte con acqua sono anche utilizzate tute completamente impermeabili, a tenuta stagna, in PVC.

Le calzature per speleologia devono garantire un buon compromesso tra impermeabilità e tenuta su roccia. La calzatura classica è lo stivale di gomma alto al ginocchio che però presenta notevoli problemi per la sicurezza in caso in grotta si sia costretti ad effettuare brevi nuotate in acqua profonda. Più comodo ed ormai di largo uso uno speciale scarpone simile a quello da escursionismo o alpinismo, ma con specifiche protezioni antiusura e impermeabili.

Per il trasporto di materiale si utilizzano appositi sacchi impermeabili di PVC, di varia dimensione, utilizzati per trasportare sia i materiali collettivi (corde, carburo, pronto soccorso, materiali per armo, altro materiale di riserva, etc.) che quelli personali (materiale per progressione, alimenti, strumenti di rilievo, etc.).

L’abbigliamento dello speleologo è completato da un sistema combinato costituito da un casco che, oltre allo scopo protettivo, funge anche da supporto per l’impianto di illuminazione.

Equipaggiamento:


L’ambiente sotterraneo è completamente privo di illuminazione naturale; è pertanto necessario che lo speleologo provveda in proprio all’illuminazione.

L’impianto di illuminazione è normalmente costituito da due elementi:

  • un impianto primario costituito da una lampada ad acetilene;
  • un impianto secondario costituito da una lampada frontale elettrica a batteria.

L’impianto ad acetilene deriva storicamente dall’adattamento delle lampade ad acetilene ad uso civile, del quale vengono separati i due componenti base: il gruppo ugello/riflettore viene montato sul casco in posizione frontale ed è collegato con un tubo di gomma al generatore di acetilene, che viene portato appeso all’imbragatura oppure a tracolla.

L’impianto elettrico è costituito da una lampada montata sul fronte del casco, normalmente al di sotto dell’impianto ad acetilene (a volte, in posizione laterale), alimentata da batterie poste sul retro dello stesso e collegate tramite un cavo elettrico a tenuta stagna. Un tempo si utilizzavano lampade ad incandescenza, a volte anche alogene. Oggi si vanno diffondendo sempre più le lampade a LED che, per le loro caratteristiche di intensa luminosità e basso consumo di batterie tendono a soppiantare l’illuminazione acetilenica. L’uso dell’illuminazione ad acetilene inoltre, data la sua tossicità per la fauna ipogea e in particolare per i pipistrelli, viene spesso vietato in grotte di interesse naturalistico.

La progressione orizzontale in ambiente sotterraneo non richiede di norma materiali particolari (sono solo necessarie specifiche tecniche per il passaggio di strettoie, meandri sospesi e simili strutture tipiche dell’ambiente e dell’attività).

Materiali e tecniche specifiche si rendono invece necessari quando si devono superare strutture verticali (pozzi), alle quali normalmente si accede inizialmente all’estremità superiore.

Le prime tecniche per il superamento dei pozzi prevedevano l’utilizzo di scalette flessibili, con assicurazione dall’alto mediante corda. Le prime scalette avevano i montanti in corda ed i pioli in legno, e vennero successivamente soppiantate da quelle con montanti in cavo d’acciaio e pioli in lega d’alluminio, che erano più resistenti e più leggere delle prime.
Dalla metà degli anni settanta questa tecnica ha lasciato spazio alla cosiddetta tecnica su sola corda, che utilizza appunto solo una corda come mezzo di progressione per la discesa e la risalita del pozzo.

Le corde utilizzate sono di tipo statico, quindi ad allungamento ridotto: infatti, essendo strumento di progressione e non di sicurezza devono privilegiare la resistenza a carichi statici, la limitata deformabilità e la comodità d’uso. Sono infatti molto improbabili sollecitazioni dinamiche nel loro utilizzo speleologico, al contrario che nell’alpinismo dove è richiesta la resistenza a strappi e carichi dinamici e una forte capacità di dissipare energia.

Nelle discese su corda per il superamento di pozzi questa viene normalmente fissata alla roccia mediante armo. Un armo è costituito da almeno due ancoraggi realizzati con tasselli (classicamente di tipo spit o fix muniti di placchette in acciaio o lega) per maggior sicurezza in caso di cedimento di un ancoraggio (o attacco). Gli ancoraggi costituenti un armo sono collegati tra loro mediante l’utilizzo di opportuni nodi realizzati sulla stessa corda di progressione, oppure mediante l’impiego di cordini indipendenti. Le gasse dei nodi della corda, o il cordino, sono uniti alle placchette sugli ancoraggi mediante moschettoni.

Lo speleologo indossa un’apposita imbragatura, derivata da quelle per alpinismo ma opportunamente modificata per meglio adattarsi al particolare utilizzo. All’imbragatura vengono agganciati i materiali per la progressione mediante un elemento di collegamento denominato maglia rapida o maillon rapide a forma di delta o semitondo in acciaio con diametro di mm 10:

  • un discensore (normalmente del tipo a pulegge fisse), con il quale calarsi lungo la corda, collegato all’imbragatura con un moschettone con ghiera a vite, completato da un secondo moschettone senza ghiera di “rinvio o rimando”;
  • una coppia di bloccanti, che permettono la risalita lungo la corda.

La configurazione tipica prevede:

  • un bloccante ventrale fisso, collegato direttamente all’imbragatura tramite il maillon rapide;
  • un bloccante mobile tipo “maniglia”, collegato all’imbragatura sempre tramite il maillon rapide a mezzo di una longe di corda dinamica (diametro minimo mm 9);
  • una staffa o pedale di fettuccia o cordino in cui si possono infilare uno o entrambi i piedi ed attaccata alla maniglia mediante un moschettone obbligatoriamente munito di ghiera di sicurezza;
  • una longe, ovvero una corda od una fettuccia di lunghezza adeguata collegati da un lato direttamente all’imbragatura tramite il maillon rapide e dall’altro dotato di un moschettone senza ghiera e possibilmente a pera per assicurarsi sugli armi, sia nelle discese che nelle risalite, entrando o uscendo dal pozzo, nonché quando si passa un frazionamento.

La tecnica di risalita è la seguente: rimanere appesi al bloccante ventrale, portare più in alto possibile la maniglia, spingere con i piedi sulla staffa per far risalire il ventrale, ripetere.

L’equipaggiamento collettivo della squadra che affronta una discesa in grotta prevede: corde, moschettoni, maglie rapide, spit, fix, placchette, cordini e fettucce, sacchette d’armo, trapano. Le sacche d’armo, in dotazione ai soli speleologi più esperti che provvedono ad attrezzare le discese, devono contenere almeno: martello, piantaspit, cannuccia per pulizia fori, filettatore manuale.

Nell’equipaggiamento collettivo per progressioni in ambienti ipogei speciali abbiamo: materiale da disostruzione, canotti gonfiabili, attrezzatura speleosubacquea.

Rischi e sicurezza:


La speleologia sicuramente ingloba i benefici che si possono avere con l’alpinismo con meno rischi, ma come in tutte le attività c’è il rischio di incorrere in un infortunio.

I rischi principali sono le contusioni da caduta di sassi o scivolate e lo smarrimento del percorso corretto con conseguente permanenza in ambienti freddi e umidi. In caso di particolare avventatezza e inesperienza, si può incorrere in cadute più gravi con possibili fratture ossee. Il rischio di restare isolati, a causa dell’innalzamento dei livelli delle acque nei punti di passaggio, è sempre presente, specialmente se non si sono valutate con precisione le previsioni meteorologiche. Altri inconvenienti di tipo muscolo-tendineo sono simili a quelli dell’alpinismo.

Ricordate che il numero più sicuro per andare in grotta in questo caso è lo stesso delle gite in montagna e cioè 3 persone, in quanto in caso di infortunio ad uno del gruppo il secondo lo assiste, mentre il terzo chiama i soccorsi . E’ comunque buona norma lasciar detto a qualcuno in quale cavità intendete andare di modo che, in caso di ritardo, si sappia dove cercarvi.

Il gruppo è fondamentale e per questioni di sicurezza è necessario poter contare su persone di fiducia al tuo fianco…in grotta non esistono cellulari ed elicotteri del CNSAS che ti vengono a raccogliere; se dovesse capitare anche un incidente banale, per esempio una caviglia slogata, sono i tuoi compagni che ti riportano in superficie, da solo difficilmente ci riusciresti.

Preparazione:


I fattori che possono influire sulla pratica speleologica variano in funzione del tipo di attività che si va a svolgere.

La speleologia è nata per l’esplorazione delle cavità naturali libere dall’acqua; in particolare, l’origine della speleologia sportiva è legata all’esplorazione delle cavità carsiche. Generalmente, questa attività è indicata come “speleologia” tout-court.

Una variante, sempre legata comunque alle cavità naturali, è l’esplorazione delle cavità generate dall’attività vulcanica (grotte laviche).

Un altro degli aspetti cui la speleologia si dedica è lo studio delle cavità artificiali, detto anche speleologia urbana. Questa branca della speleologia si occupa di cavità di origine antropica: antichi cunicoli, miniere, reti fognarie, catacombe, ecc.

Una branca particolare, molto specializzata, è la speleologia subacquea, che si occupa dell’esplorazione di percorsi sotterranei (naturali o artificiali) allagati. In questo caso, le tecniche speleologiche sono affiancate da quelle della subacquea.

Inoltre, nel caso in cui si fanno attività di tipo esplorativo con esplorazioni lunghe e faticose, bisogna un’adeguata preparazione fisica e mentale.

La speleologia coniuga, infatti, vari aspetti dell’“andare in montagna”: gli avvicinamenti, lunghe camminate su sentieri non sempre agevoli, a volte con difficoltà di tipo alpinistico. Bisogna inoltre avere buona confidenza con l’acqua e il ghiaccio: l’ambiente è molto più vario di quanto si é portati a pensare. Bisogna avere un forte spirito di adattamento e il rispetto per l’ambiente in cui ci si muove, sia esso sopra o sottoterra. In secondo luogo, l’attività è sconsigliata a chi soffre di claustrofobia. La paura del buio incide e non poco: in grotta il buio è un fattore fondamentale di cui tener conto, senza luce saremmo perduti; la tecnologia permette di dimenticarci di questa condizione, se non nel fatto che per prudenza si viaggia muniti di abbondanti riserve di “luce”. Infine, in grotta serve molto autocontrollo, che comunque può essere allenabile con la pratica e con l’aumento graduale delle difficoltà incontrate. Esiste tuttavia la possibilità di praticare attività di tipo speleologico meno impegnative, molto belle e gratificanti, alla portata di tutte le persone, ci tengo a sottolinearlo, che vogliono praticare una qualsiasi attività motoria non agonistica.

Scala delle difficoltà:


La Legge Regionale 11 Agosto 2004 n°25 prevede, all’art. 17, per l’accompagnamento in grotta, la classificazione della difficoltà di percorrenza di una grotta.

Per quanto concerne l’esercizio della professione di guida speleologica le discese in grotta vengono valutate in quattro scale di difficoltà:

  • facile;
  • impegnativa;
  • difficile;
  • estrema.

Nell’apposito catasto speleologico, istituito ai sensi dell’art. 4 della L.R. 9.4.1975, n. 32, viene indicata quale scala di valutazione è stata scelta per ogni singola cavità, con indicazione delle persone che possono essere assistite dalle guide speleologiche nelle discese, in relazione ad ogni scala di difficoltà.

Ogni singola cavità può essere classificata su diversi livelli in base alla percorrenza.

Gli ambienti sono classificati secondo i seguenti livelli di difficoltà che risultano dalla combinazione di questi elementi che sono determinati sia per l’ambiente in sè che per il percorso di avvicinamento:

  • pericoli oggettivi ambientali;
  • difficoltà tecnica per la percorrenza;
  • tempo normale necessario per la visita;
  • difficoltà di un eventuale intervento di soccorso.

In funzione dei parametri espressi gli accompagnamenti sono definiti in quattro livelli di difficoltà cui sono attribuite queste caratteristiche di massima, lasciando alle schede del Catasto Speleologico Guide Speleo Abruzzo la più puntuale definizione di difficoltà per ogni luogo:

  • Livello 1 (L1) = Facile – Percorso in ambiente con basso grado di pericoli oggettivi anche di origine meteorica, nessuna difficoltà tecnica oltre le normali attenzioni di progressione escursionistica, nessuna strettoia o restringimento, tempo di visita contenuto entro le tre ore (compreso l’avvicinamento).
  • Livello 2 (L2) = Impegnativo – Percorso in ambiente con basso grado di pericoli oggettivi anche di origine meteorica, difficoltà tecniche facili e discontinue, strettoie brevi e comode, tempo di visita contenuto entro le 6 ore (compreso l’avvicinamento).
  • Livello 3 (L3) = Difficile – Percorsi con pericoli oggettivi individuati, difficoltà sostenute che richiedono l’uso di tecniche di progressione su corda, strettoie anche lunghe e disagevoli, tempo di visita contenuto entro le 12 ore (compreso l’avvicinamento).
  • Livello 4 (L4) = Estremo – Percorsi con caratteristiche di pericoli e/o difficoltà tecnica superiori alle precedenti.

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